martedì 14 luglio 2020

Novella 14: DUEMILA


La notte fra il 30 e il 31 dicembre 1999 il Rag. Crivelli sognò per l’ennesima volta, nel dormiveglia, la sua (incompiuta) azione memorabile: prendere il microfono nel bel mezzo di un’assemblea dei soci dell’azienda dove lavorava come ragioniere capo, per dire con ostentata noncuranza quattro paroline destinate a lasciare il segno, e a lanciarlo nell’empireo degli Amministratori. Nel sogno, un angelo stava curiosamente sospeso sulla sua testa e da una sorta di trombone, che il Crivelli non sapeva chiamarsi cornucopia, versava frutti maturi, in una cornice di fertilità ed abbondanza.
Già, ma quali parole? Ecco il punto non chiaro, il fastidioso dettaglio che al mattino impediva al Crivelli di crogiolarsi in quella persistente impressione che a volte lasciano i sogni più intensi.
Emergere, meditava, è diventato difficile! Un tempo bastava non dico una traversata, o quella tale conquista, ma appena appena scrivere cinquanta righe di racconto, per aspirare alla gloria. Oggi invece oceani, mari, canali, laghi e calotte, nonché trame e soggetti, sono stati esplorati e percorsi in lungo e in largo, e le vette sono tutte quante imbandierate; tutte le storie sono state narrate, e i consigli di amministrazione poi...
L’indomani, in ditta, si preparava la grande festa di capodanno: una benemerita iniziativa del dottor Gottardi cui quasi nessuno aveva osato sottrarsi. Mentre il Crivelli, un po’ controvoglia, addobbava la sua stanza e l’attiguo locale archivio, fu avvisato dalla segretaria che il direttore in persona lo richiedeva.
“Lei sa”, esordì il grande capo senza convenevoli, “della nostra intenzione di aprire una filiale in Brasile. Ebbene, lei è il nostro uomo per questa impresa: è con noi da vent’anni; è ancora giovane (il Crivelli si schernì), non è sposato, e abbiamo deciso di scommettere su di lei. Villa, automobile e stipendio triplicato sono la nostra offerta (e le brasiliane? - aggiunse con fare ammiccante). Senza contare il posto in Consiglio di Amministrazione. Cosa ne dice?”
"Sono lusingato... - disse aggrappandosi ai braccioli della sedia - Vuole la risposta subito?” “Diciamo che vorrei iniziare il millennio sapendo le sue decisioni”. 
Il Crivelli ringraziò, ringraziò di nuovo, e promise.
Nel resto del mattino di quel 31 dicembre 1999 le pratiche sulla sua scrivania subirono un certo rallentamento, anche se attribuirne la ragione ad una privata emozione sarebbe stato difficile per chiunque: l’eccitazione infatti era generale, vera o ostentata che fosse, e tutti combinarono ben poco. Fuori, intanto, continue esplosioni davano anticipato annuncio del trapasso millenario.
Più tardi, nel pomeriggio di libertà, il Crivelli era ancora lì che si godeva il suo momento di gloria. Perché lo era, il suo momento! Quello tanto atteso! Decise di rinviare la risposta all’ultimo minuto, facendola precedere dal massimo della suspence.
Arrivò anche la sera: tutti tornarono in ditta per la festa e il Crivelli bevve, mangiò, fece saltare i tappi; invitò perfino la segretaria per un valzer! Mancavano ormai pochi istanti a mezzanotte quando vide di lontano lo sguardo inquisitore del dottor Gottardi. Mentre si faceva largo sorridendo verso di lui, tra colleghi e consorti festanti, il Crivelli provò mille sensazioni, tutte straordinariamente vivide. Rivide come in sogno, sopra e davanti a sé, l’angelo con la sua profferta di frutti.
La musica e le voci crebbero d’intensità: tutto si concentrò su di lui in un’accecante luminaria, in un vortice di sguardi non più distratti ma attenti al suo incedere.
Egli sentì in quell’attimo la vita finalmente per intero nelle proprie mani. L’angelo si protese, mentre il velo del futuro gli si squarciava innanzi con lampante evidenza. Le parole da dire, che nel sogno mancavano, gli si palesarono senza più dubbio alcuno, e lui le pronunciò chiare e forti: 
“Dottor Gottardi, la mia risposta è NO!”

Si fece un silenzio irreale. Poi il Crivelli girò i tacchi ed uscì dalla sala. 

Mentre scendeva le scale, di certo per l'ultima volta, lentamente si slacciò dal collo la cravatta, la tenne appena appena sospesa ed infine la lasciò cadere su un gradino.