venerdì 22 maggio 2020

Novella 11: 2B


"Psss. pssss...." bisbigliava una voce da dentro una buca. "pssssss"!!!
Una luce accecante proveniva da un faro situato proprio davanti a me. Non ci capivo niente: non sapevo che posto fosse quello, né come diavolo ci fossi capitato.

Alzai gli occhi e rimasi di stucco: dietro la voce, laggiù sullo sfondo, c'era una gran folla compostamente seduta nella penombra. Guardavano tutti me: evidentemente si aspettavano qualcosa!

"Psssss, psssssss....." insisteva l'omino dalla sua buca, ormai disperato.
Rimandai a più tardi tutti gli interrogativi: bisognava rispondere a tono altrimenti, è chiaro,  sarebbe stato uno scandalo!

"pssssss......." ripeté l'omino un'ultima volta. 

Era la mia battuta, e alla fine la dissi, pur con voce incerta e poco espressiva. Il pubblico fu percorso da un fremito di approvazione ed io capii che, per quanto del tutto involontariamente,  ero risultato profondo e commovente: 

"Essere, o non essere?"


lunedì 11 maggio 2020

Novella 10: DOGANA


Raggiunsi la frontiera a bordo della mia Audi nuova fiammante. Gli agenti doganali furono cortesi, anche se vollero controllare il portabagagli. Poi mi fu dato il via libera solo con un’alzata di sguardo.
Guidai lentamente oltre gli uffici di confine, finché la strada riprese diritta e larga come era stata prima. Allora premetti nuovamente sull’acceleratore, assaporando la sensazione di sicurezza che mi si trasmetteva dai pedali e dalla presa sul volante.
Fu dopo circa dieci chilometri che notai, sulla destra, a lato della carreggiata, una grossa voragine di forma tondeggiante, tanto vicina da apparire quasi pericolosa per la circolazione. Strano che non sia segnalata, pensai: qui sono sempre così scrupolosi! Proseguendo ne vidi altre, più piccole e non così a ridosso. Che stiano facendo una piantumazione di alberi di alto fusto?
Si fece buio in fretta, cosa normale vista la stagione. La strada era adesso completamente deserta, e i miei fari erano gli unici a solcare la notte. Poco dopo, però, iniziarono a vedersi altre luci; fuori del tracciato, per lo più oblique rispetto al senso di marcia. Erano quasi tutte ferme, e nei coni di visuale che esse creavano si vedeva ben poco, appena qualche arbusto. Trattori impegnati in lavori notturni, pensai. Brutto segno per il tempo: vuol dire che è prevista pioggia domani, e i contadini vogliono terminare l’aratura. La cosa mi dette un lieve fastidio, subito sopito dall’ottima musica che proveniva da un CD in movimento nel baule posteriore.
Ancora qualche chilometro e incontrai un posto di blocco. Si vedevano i fari rivolti verso di me, i cartelli di alt sistemati sull’asfalto, e le sagome degli agenti con le armi in pugno o a tracolla. Quando mi fermai, uno di loro si avvicinò con una mitraglietta al braccio. Aveva una faccia inespressiva. Mi chiese i documenti, parola che capii perché è un po’ uguale in tutte le lingue; ma il resto non lo afferrai. Aveva usato di sicuro un dialetto locale, non avendo notato nel buio la targa straniera.
Visti i documenti miei e della macchina, mi chiese ancora qualcosa di incomprensibile. Allargai le braccia, chiedendomi cos’altro servisse. Forse la carta verde? Glie la mostrai fra le cose che aveva già in mano, ma la cosa non gli andò a genio. Chiamò un collega, anche lui armato, col quale confabulò brevemente. Poi quest’ultimo si rivolse a me storpiando la mia lingua. Voleva il lasciapassare! Che lasciapassare? gli chiesi. Non rispose, ma intanto fu chiamato ancora qualcuno, che si rivelò un superiore, con le stellette sulla tuta mimetica. Ricontrollò anche lui tutto quanto, poi mi chiese di scendere dalla macchina.
Obbedii controvoglia. Proprio mentre stavamo camminando verso una baracchetta che era il quartier generale del posto, si sentì una sirena di allarme, e un forte rumore di motori in arrivo. Tutti urlavano e correvano. Anche quelli che erano con me gridavano, e corsero verso il bordo della strada.
Capii improvvisamente che si trattava di aerei: i coni di luce si avvicinavano dall’alto illuminando la scena. Poi iniziarono i colpi di mitragliatrice, bombe, e la risposta con mitra e fucili di chi stava a terra. Ero il più esposto di tutti, perché per la sorpresa ero rimasto in mezzo alla strada. Fu una carneficina: Quando tutto fu finito si sentirono i rantoli dei feriti, le imprecazioni, i richiami dei sopravvissuti, e mi resi conto di quanto fossi stato fortunato a cavarmela senza neppure un graffio.
Si udirono anche ordini secchi, grida concitate, rumore di scarponi sul selciato stravolto. Adesso era buio completo, perché i fari erano stati spenti in fretta e furia all’inizio dell’attacco. Nella confusione, istintivamente mi diressi alla mia macchina. Anch’essa era intatta. Nessuno badava più a me.
Mi misi alla guida, accesi e partii, prima con cautela, poi più rapidamente. Sentii confusamente le grida di chi era più vicino, il rumore di motori rimessi in marcia, una sventagliata di mitra che fortunatamente non colse nel segno. Ormai ero lontano, e evidentemente nessuno ritenne opportuno inseguirmi.
Ma dove ero capitato?

Novella 9: DIGIUNO UNIVERSALE


Tutto iniziò verso il 2035. Allora avevo appena sessant'anni; oggi ne ho centodieci, e ultimamente la memoria mi gioca brutti tiri; però quel tempo lo ricordo ancora alla perfezione.
Ho usato il termine "iniziare", ma avrei dovuto dire "terminò": sì, perché giusto cinquant'anni fa nel mondo si smise di scrivere.
Fu un processo relativamente breve: per prima scomparve la poesia, uccisa dal disinteresse del pubblico; poi scarseggiarono i romanzi e i racconti, fino a sparire completamente. Rimasero i trattati storici e scientifici: di medicina, di astronomia e di tutte le scienze, anche se presero via via una piega sempre meno teorica e più applicativa.
Ormai, a cinquant'anni di distanza, si è perso perfino il ricordo di che cosa fosse una storia narrata. Nessuno ne sente più il bisogno, e credo che siamo rimasti soltanto noi vecchi, e pochi perfino fra di noi, a coltivare la nostalgia dei capolavori del passato. 
Ho in casa una parete attrezzata a libreria e ogni giorno spolvero i vecchi libri che la popolano: il dottor Zivago, la Divina Commedia, i Miserabili, .....
Una volta usavo anche il libro elettronico... com'è che si chiamava? No, non mi viene; ma poi sono cambiati i protocolli, i formati, non so bene che cosa, e i testi sono diventati illeggibili. L'apparecchio del resto non si accende, né si ricarica più. 
I libri di carta invece sono ancora lì e mi piace sfogliarli, sottolineare le frasi più profonde, coltivarne l'uso segreto in un mondo che non sospetta la mia grande passione.
Più volte negli ultimi anni mi sono domandato la causa di tutto questo. E più volte mi ha tormentato il dubbio che qualcosa si potesse fare per non dimenticare, per coltivare la capacità di esprimersi e di raccontare; ma i processi così rapidi e su così vasta scala hanno ragioni profonde che non possono essere contrastate con la buona volontà, con lo stimolo alle coscienze, o peggio con la costrizione scolastica. Bisogna rassegnarsi: l'umanità ha cambiato passo, come tante altre volte è accaduto nella storia; ed ogni volta ci sono state vittime, rimpianti, vani tentativi di tornare indietro. E non è detto che quei tentativi fossero tutti meritevoli: io stesso mi domando se non abbiano ragione tutti gli altri ed io sia diventato soltanto un vecchio brontolone, come sono quei pensionati che non capiscono più gli altri e accusano gli altri di non capirli.
Certo non si può escludere che sacche di narrativa o di poesia sopravvivano in remote contrade del mondo; ma si tratta di sfridi destinati ad essiccarsi via via che la civiltà si espande in nuove aree e impone le sue norme.

Qualche tempo fa, un giorno ho notato che la posizione dei testi in libreria non era la stessa di prima. Ho pensato di aver fatto confusione, e ho rimesso tutto a posto nell'ordine maniacale che desidero. Ma anche il giorno dopo, e quello dopo ancora, qualcuno aveva toccato e spostato alcuni dei libri.
Mi sono messo a spiare la domestica, alla quale avevo intimato di non avvicinarsi neppure a quella parete perché provvedo personalmente alla sua pulizia; ma niente, lei non ha fatto proprio nulla. Eppure l'indomani i libri erano di nuovo in disordine.
E così è ancora oggi: ogni mattina trovo libri fuori posto! 
"Qualcuno dei miei ha deciso di farmi perdere la ragione!" penso turbato. Non sono ancora decrepito, e ho ancora la speranza di campare qualche anno; però magari il mio genero scalpita, e mi si è messo contro? Ma no, non voglio abbandonarmi alla mania di persecuzione, e poi sospetti tanto ignobili mi ripugnano!
Ma allora? I movimenti continuano, non in modo sistematico o seguendo un disegno, ma in modo apparentemente casuale: un giorno trovo i Buddenbrock fra i libri di Rilke, un altro il Don Quijote a fianco dei Promessi Sposi.... Non me ne capacito. Veglio di notte finché posso, ma non riesco a cogliere il responsabile sul fatto. Ultimamente è diventata una vera ossessione e temo di impazzire davvero!

Oggi compio centoundici anni, e mi sono svegliato più tardi del solito. La luce si insinua nelle fessure della persiana chiusa e certamente là fuori un sole tiepido annuncia non so che anticipo di primavera. La mia tensione si è allentata, sento che qualcosa sta per accadere. Lo avverto distintamente, ma non so altro. Fra poco irromperanno i parenti più stretti per gli auguri di prammatica. È consolante, ma non è questo che serve, non è questo!

Sul tavolo c'e una busta piuttosto voluminosa: un regalo del mio nipotino sedicenne per il suo bisnonno. 
Inforco gli occhiali e apro. C'è un fascicolo scritto con mano ancora infantile ed incerta.

Inizia così: "C'era una volta..."

sabato 9 maggio 2020

Novella 8: CUNTO DE LI CUNTI


E' tardi ormai. Lo scrittore alza la testa dalle bozze del suo ultimo romanzo e fissa la luna al di là del vetro. Poi estrae un taccuino e annota: 
In un villaggio della Siberia la luna improvvisamente cambia colore e diventa rosso sangue. La gente si affaccia alle finestre e scruta il cielo sgomenta. Sarà un annuncio di disgrazia? Le opinioni divergono, ma l'allarmismo ha la prevalenza. Si forma un lungo corteo e tutti gli abitanti in processione arrivano davanti alla chiesa. Le "cipolle" del tetto sembrano toccare l'astro, che intanto è diventato del colore delle barbabietole....
Dalla porta si affaccia sua moglie. "Un po' di caffè caldo?"
"Volentieri cara, ma solo se ce l'hai pronto, non stare a prepararne uno solo per me".
Lo scrittore volta pagina al taccuino e, senza preoccuparsi di finire la trama precedente, scrive: 
Il caffè è amaro, ma quella volta lo era più del solito. Certo, perché gli era stato aggiunto un veleno potentissimo. L'assassino era di nuovo al lavoro e stavolta aveva usato un semplice caffè".
Ormai il romanzo sul tavolo è dimenticato. Non è proprio possibile pensarci, perché altre idee gli balenano in testa, e sarebbe un peccato lasciarle andare nel dimenticatoio.
In pochi minuti altri tre fogli del taccuino vengono riempiti di appunti buoni per essere riletti e amplificati in trame compiute.
Entra la moglie col caffè. "Che cosa scrivi tesoro? Fa' vedere" E dà un'occhiata agli scarabocchi sul taccuino.
"Che idee carine, fai bene ad appuntarle: valgono oro!" 
"Ma mi distraggono un po', sai? Ad esempio adesso non ho più voglia di completare il romanzo. Ma l'ho già venduto... devo acchiappare al volo le nuove trame e..."
"Quello lo devi finire! Facciamo così: ogni sera mi dai il taccuino e io lo ricopio in bella forma, così non ti devi preoccupare delle idee nuove e intanto completi le bozze. ok?"
"Mah credo di sì, possiamo iniziare anche stasera se vuoi". E allunga il taccuino alla moglie, che lo maneggia con cura perché ha un valore difficile da calcolare, ma certamente cospicuo.
Però l'esperimento non va benissimo: verso mezzanotte lei è ancora lì al computer, si cava la vista a cercar di capire la disordinata calligrafia del marito. In cuor suo già si pente di aver promesso; ma poi pensa alla macchina da guerra che sta profilandosi, e questo pensiero la incoraggia a proseguire: suo marito è un genio della scrittura, le case editrici se lo contendono a suon di quattrini, e se lei gli darà una mano sarà una pacchia! Al momento, solo un lavoro di copia; ma dopo potrebbe scrivere anche lei, o no? In fondo, è laureata in lettere, e con la penna (quando si usava ancora) non se la cavava poi tanto male. Potrebbe scrivere lei la prima stesura, e poi il marito dare le pennellate finali, ma soprattutto mettere la firma in calce!
Sta ancora rimuginando quando la porta si spalanca. Lo scrittore è lì in pigiama, gli occhi socchiusi dal sonno. "Scusami, mi è venuta in mente un'altra idea..." "Ma certo amore mio, eccoti il taccuino!". E lui annota diligente: 
C'è sciopero alla ditta xxx; per protesta gli operai decidono di fare una marcia dal paese fino a Roma per andare davanti al Ministero. Partono pieni di buone intenzioni, ma la strada è lunga e le intenzioni si perdono un po'. C'è da percorrere uno svincolo, è lunghissimo. "Perché non ci caliamo lungo il pilone?" propone uno. Detto fatto, si spenzolano dal guard-rail sotto lo sguardo di compatimento degli automobilisti, e iniziano una comica discesa del pilone. Più avanti incontrano una prostituta. C'è chi intavola una conversazione, chi fa battute sconce, chi tira fuori il borsellino ma non ha i soldi... Finalmente riprendono il cammino, ma fa caldo! (ecc. ecc.) Una storia tragicomica che deve simboleggiare la crisi ......".
La moglie gongola: anche questa trama è promettente! Finisce di copiare il taccuino sul computer, ma al momento di salvare fa un errore irreparabile e cancella tutto quanto. Le scappa un'imprecazione, al che il marito si affaccia di nuovo. "Non ti preoccupare tesoro, sono cose che capitano! No macché, ero sveglio: è che mi sono venute in mente altre due trame e stavo pensando..." prende il taccuino, ma le idee sono già svanite, non c'è più nulla da fare! 
Allora prende il taccuino e se lo porta in camera. Lì sul comodino sarà più a portata di mano, e se verranno altri spunti sarà più facile segnarli.
Ma è troppo tardi per prendere sonno. Meglio alzarsi, anche se non è ancora l'alba. Una capatina in bagno, e mentre è lì seduto.... eccoti un'altra bella idea! Ma il taccuino dov'è? E' sul comodino, maledizione! E se torno di là lei si sveglia... Va bene, cerco di ricordarmi, scriverò poi. Però, carina anche questa:
Un tizio è seduto sul water, quando la moglie...." 
Ma oggi non è giornata: suona il campanello. Chi sarà mai, a quest'ora? Può essere materia da romanzo, o almeno da novella? Andiamo a vedere chi è.
Intanto l'idea di prima, chi se la ricorda più? Eppure mi ero sforzato... Aveva forse a che fare col bagno? Con la prostata? macché dai...
Arriva anche la moglie: "Hanno suonato!" "Tesoro, perché credi che io sia qui? E' perché hanno suonato!" "Ma eri già in piedi, però... Non dovresti: domattina hai da lavorare, e devi riposarti!"
Finisce che alla porta non c'è proprio nessuno. Non che abbiano aperto, ci mancherebbe, a quell'ora; ma dallo spioncino non si inquadrava nessuno, e hanno concluso che qualche ragazzaccio, di ritorno dalla discoteca, ha fatto uno scherzo di cattivo gusto. E difatti la mattina sulla porta di casa c'è una bella pisciata, segno che il ragazzo deve aver bevuto anche tanta birra, prima di fare il suo scherzo.
Però quest'ultima considerazione non l'ha fatta il nostro Scrittore: poco dopo aver sbirciato nello spioncino e averne tratto le logiche conseguenze che si dicevano, improvvisamente si è accasciato a terra, vittima di un colpo secco. La pisciata la commentano senza riguardo i portantini che lo caricano sull'ambulanza e lo portano in ospedale.
All'ospedale il bravo Scrittore ci rimane parecchio: sono già più di due mesi, durante i quali si è tentato di tutto, compresa una fisioterapia da cavalli; ma niente, lui è rimasto completamente paralizzato. Tranne una palpebra, con la quale piano piano impara a comunicare i propri bisogni elementari: fame, sete, caldo, freddo, e così via. Ma nient'altro!
Nel suo cervello le trame di racconti continuano a baluginare una dopo l'altra, ma non c'è più modo di trascriverle. La moglie lo ha abbandonato, né si può biasimarla troppo. Le trame di racconti si profilano, prendono forma nella sua immaginazione, lo scaldano di un calore ingannevole e provvisorio, e poi svaniscono in quel nulla disperato che è la sua malattia.