domenica 28 giugno 2020

Novella 12: PARLARE STRANO


Fu verso i sei anni che Gennaro smise di parlare. Così, da un giorno all'altro: senza una ragione, non proferì più verbo.
I genitori dapprima ci scherzarono su; poi provarono a risolvere il problema da soli. Visto il totale insuccesso, sempre più preoccupati, portarono il figlio dai migliori medici della città, ma risultò che l'apparato acustico e quello vocale erano in perfetto ordine; allora consultarono un valente psichiatra, il quale certificò che anche quanto a testa Gennaro era perfettamente normale.
Infine, disperati, si misero nelle mani di un noto psicanalista. Questi ebbe Gennaro in cura per oltre un anno. Sedute in perfetto mutismo da cui solo lui, lo psicanalista appunto, diceva di ricavare preziose informazioni, anche se sempre allo stato embrionale e tutte da verificare. Passò poi ad analizzare i genitori. 
Per farla breve, non riuscì a risolvere il problema; però identificò nella madre la colpevole, perché fin dal tempo dell'allattamento...
Così, un'ombra ulteriore si insinuò fra i due coniugi già tanto provati: lei infatti aveva l'impressione che il marito, per quanto cercasse di consolarla, sotto sotto credesse a quella assurda spiegazione.
Finì che la madre, per protesta, smise di parlare anche lei, e in casa si produsse un silenzio irreale, rotto soltanto, ma di rado, dalle imprecazioni del padre quando aveva esaurito la sua dose di santa pazienza. Perfino Bunny, il cagnolino, sembrava che capisse, e si atteneva a un prudente riserbo. Tranne quando passava il camion della raccolta rifiuti: allora non sapeva resistere, e abbaiava furiosamente finché quello non era scomparso dietro la curva della strada.
Passarono i mesi, e poi passarono gli anni. La madre aveva ripreso a parlare di fronte a un tubino di Armani, adocchiato nella vetrina di un negozio. Quanto a Gennaro, invece, il padre aveva convinto gli insegnanti a interrogarlo solo per iscritto. Da parte loro, quelli erano stati ben lieti di accettare, visto che Gennaro era di gran lunga il meno guastafeste di tutti i compagni.
Studiava con un certo profitto: eccelleva nelle materie umanistiche, e il liceo classico fu la scelta più naturale quando si trattò di trovare una superiore adatta a lui. Ma quanto a parlare, nulla di nulla.
Pian piano i genitori si abituarono, o meglio si rassegnarono a quella stranezza. Di amici Gennaro non ne aveva molti, ma quelli che aveva parlavano parecchio loro, e si contentavano di vederlo annuire, o al contrario esprimere dinieghi.

Finché un giorno, anzi proprio il giorno che Gennaro compiva 16 anni, il vecchio Bunny gli si accostò mugolando, e Gennaro rispose.
Rispose con voce ferma e chiara.
Ma rispose così:

Del tuo giorno, Bunny,
s'appresta l'occaso.
Di gioie e d'affanni
in cerca col naso
non correrai più. 

Figuriamoci i genitori! Si precipitarono da lui e gli si rivolsero con voci trèpide, chiedendogli questo e quello. Anche il cagnolino faceva festa, pur senza capire che cosa gli fosse stato detto di tanto importante. 
Il fatto è che neppure i genitori avevano ben capito che cosa avesse detto esattamente.
Ma non importava! Gennaro aveva parlato!
E lui riprese, rivolto a loro stavolta:

È salda la voce 
ma incerto il mio cuore.
Un vincolo atroce,
un vivo dolore
opprime il mio petto,
conturba il mio detto!

"Ma..."
"Embè? Parla in versi - tagliò corto il padre - E' strano sì, ma gli passerà". 
Non sarebbe andata proprio così.

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